Avere un nuovo rullino da sviluppare mi da una buona ragione per svegliarmi la mattina.
Andy Wahrol
La pellicola fotografica, nel passato realizzata con la celluloide, è un supporto plastico flessibile e trasparente in poliestere su cui viene distesa chimicamente un'emulsione contenente cristalli fotosensibili di alogenuro d'argento, di forma varia, in varie disposizioni, maturi o in accrescimento, più o meno addensati.
Dalla pellicola cinematografica 35 mm è derivato il formato fotografico 135 che conserva la stessa perforazione con un formato dei fotogrammi di 24x36 mm, in assoluto il formato per la pellicola che ha avuto la maggior diffusione.
Se per le pellicole in bianco e nero, lo strato fotosensibile è unico, per quelle a colori occorrono tre strati distinti e sensibili ai vari colori fondamentali; mediante la loro combinazione (secondo il modello di sintesi colore sottrattivo) si ottengono tutti i colori. Sopra lo strato fotosensibile viene depositato uno strato che evita i riflessi interni alla pellicola stessa (con lo stesso scopo un trattamento simile viene fatto anche sulla superficie delle lenti degli obbiettivi). L'aumento della sensibilità alla luce si ottiene aumentando le dimensioni dei granuli d'argento: questo, se da un lato risolve situazioni fotografiche "difficili", dall'altro comporta una perdita di dettaglio nell'immagine e la granulosità del negativo che diventa sempre più evidente. In generale: una pellicola di bassa sensibilità (25-50 ISO) produce effetti più secchi e grafici; una pellicola di sensibilità elevata (200-400 ISO) darà effetti più sfumati e "pittorici".
Le pellicole sono di due tipi fondamentali: negative e diapositive. Le seconde permettono la proiezione a muro e sono quelle generalmente usate per fini editoriali, ma entrambe possono essere comunque stampate su carta.
- Pellicole negative = emulsioni che vengono sviluppate al fine di avere un risultato positivo su carta (stampa). Il processo di stampa da negativo a positivo è detto di inversione. In generale, le pellicole negative sono dotate di elevata latitudine di posa e il processo di stampa consente la correzione sia di esposizioni non corrette, sia di dominanti di colore.
- Pellicole diapositive = emulsioni che vengono sviluppate e invertite direttamente sulla striscia, in modo tale che la striscia risulti positiva. Le diapositive non consentono ampi margini di correzione in fase di post-esposizione e possiedono una bassa latitudine di posa. In compenso, però, la fedeltà cromatica e la nitidezza sono superiori alle negative.
- Pellicole all'Infrarosso (IR) = emulsioni sensibili all'infrarosso (radiazioni non visibili per l'occhio umano, ma percepite come calore radiante). I film IR in bianco e nero sono però sensibili anche allo spettro visibile; sono pertanto necessari filtri dedicati per schermare la porzione visibile della luce, in caso contrario vengono utilizzate come "normali" pellicole BN. La messa a fuoco deve avvenire in corrispondenza dell'indice rosso inciso sull'obiettivo: prima si mette a fuoco normalmente, poi si sposta la ghiera verso il suddetto indice e si scatta.
Il codice DX
La sensibilità della pellicola è frutto di differenti accorgimenti dell'emulsione fotosensibile e, a partire dagli anni '80 sui rullini è presente il cosiddetto codice DX che, tramite una zona del rullino suddivisa in 12 (2 file da 6) riquadri conduttivi e non, è in grado tramite contatti elettrici di permettere alla macchina fotografica di "riconoscere" la sensibilità della pellicola che viene caricata, il numero di fotogrammi e le sua latitudine di posa:
Esposizione dell'emulsione, sviluppo e fissaggio
Senza volere entrare nei dettagli chimico-fisici del fenomeno, quando la luce colpisce un cristallo di alogenuro d'argento, essa viene assorbita e da luogo ad una serie di reazioni chimiche. Quando un fotogramma nel suo complesso viene esposto alla luce, viene "impressionato" e si forma quella che vene definita un'immagine latente, ancora completamente invisibile perché la pellicola non è ancora stata sviluppata (ecco perché si definisce latente).
Il successivo processo di sviluppo della pellicola farà emergere l'immagine latente rendendola visibile, ed infine il bagno di fissaggio farà in modo che il fotogramma rimanga con l'immagine sviluppata anche se questo venisse esposto nuovamente alla luce.
La conservazione delle pellicole
La conservazione temporanea (per un periodo limitato di tempo) va fatta in ambiente secco, nella confezione integra, lontano da calore, freddo ed umidità. Da evitare assolutamente l'esposizione al sole, al surriscaldamento (es. automobile chiusa), e l'esposizione ai raggi-X (utilizzare contenitori o sacchetti in piombo Film Safe). Le pellicole già esposte devono essere sviluppate rapidamente. Per una conservazione prolungata: in frigorifero a +4°C nella confezione originale; attendere mezz'ora circa che il rullino ritorni a temperatura ambiente prima di utilizzarlo, per ri-climatizzarle (ma sempre mantenendole nella confezione originale). A -10°C (freezer) si conservano anche oltre la scadenza nominale.
Un po’ di glossario
Acutanza
E' la misura fisica del gradiente al bordo fra due micro-zone a diversa densità, e corrisponde adeguatamente al giudizio soggettivo della nitidezza. Il suo valore è tanto più alto quanto maggiore è la nitidezza dell'immagine.
Contrasto
Differenza tra la densità delle zone scure e chiare di un soggetto o di un'immagine: macro-contrasto se riferito alla globalità dell'immagine; micro-contrasto se riferito ai dettagli fini.
Definizione
Descrive la miscela qualitativa dell'immagine prodotta dalle caratteristiche specifiche della nitidezza, del dettaglio e della granulosità (oppure dalle corrispondenti acutanza, risoluzione e granularità). La definizione fotografica non viene completamente determinata dalla qualità dell'obiettivo e dei materiali, ma anche da fattori quali la precisione della messa a fuoco, la stabilità della macchina e dell'ingranditore, il contrasto del soggetto e dell'immagine, il livello di esposizione e l'eventuale uso di filtri.
Granularità
E' la misura oggettiva della mancanza di uniformità della densità che corrisponde al concetto soggettivo di granulosità. La determinazione della granularità parte dalla misurazione della densità effettuata con un microdensiometro su una porzione di negativo uniformemente esposta e sviluppata. Tale misurazione è chiamata granularità RMS (Root Mean Square). RMS è la deviazione standard delle variazioni di microdensità a un dato livello di densità media. Dato che c'è una buona correlazione tra la misura della granularità e la granulosità, i valori di granularità RMS vengono usati per stabilire le classificazioni di granulosità:
- Microfine da 5 a 6 RMS
- Estremamente fine da 7 a 9 RMS
- Molto fine da 10 a 13 RMS
- Fine da 14 a 17 RMS
- Media da 18 a 21 RMS
- Moderatamente grossa da 22 a 25 RMS
- Grossa da 26 a 29 RMS
- Molto grossa da 30 a 33 RMS
Granulosità
E' l'impressione visiva provocata dai grani e agglomerati d'argento. A differenza della granularità, che è una proprietà oggettiva, la granulosità è una proprietà soggettiva. La misurazione e le specifiche della granulosità non sono ancora state standardizzate, per cui bisogna avere molta cautela nel confrontare i dati di produttori diversi.
Grana
Termine per indicare in modo approssimativo la dimensione dei cristalli di alogenuro d'argento: più sono grandi, più l'emulsione è sensibile, ma minore è la risoluzione dei particolari (dettaglio) nell'immagine sviluppata. Le pellicole con una grana molto fine consentono di riprodurre immagini molto nitide, mentre quelle a grana grossa, ossia più sensibili, sono indicate per riprendere i soggetti in rapido movimento o in condizioni di scarsa luminosità.
Nitidezza
Definisce la nettezza dei contorni. La nitidezza è un concetto soggettivo, e le stesse immagini spesso possono venir giudicate nitide o meno nitide da osservatori diversi. E' legata alle caratteristiche di nitidezza di vari componenti del processo fotografico, tra i quali l'obiettivo di ripresa, la pellicola, l'obiettivo dell'ingranditore e il materiale da stampa. Nitidezza e contrasto sono in stretta relazione tra loro, così ogni fattore che aumenta il contrasto dell'immagine tende a far apparire più nitida l'immagine. Analogamente, qualsiasi cosa riduca la nitidezza, come una imprecisa messa a fuoco dell'ingranditore, tende a far apparire l'immagine meno contrastata.
Potere risolvente
E' la capacità dei componenti del processo di formazione dell'immagine (obiettivo di ripresa, pellicola, obiettivo di proiezione o ingrandimento, materiale di stampa eccetera), da soli o in combinazione, di riprodurre linee molto ravvicinate o altri elementi similmente separati. Il potere risolvente è il corrispettivo di quella qualità dell'immagine nota come dettaglio. Per misurare il potere risolvente vengono usate delle mire, composte da elementi chiari e scuri alternati, costituiti da barre parallele.
Sensibilità
La sensibilità di una pellicola viene indicata con un codice numerico standard espresso in ISO: più è alto il numero e maggiore è la sensibilità della pellicola, cioè la sua capacità di impressionarsi con una certa quantità di luce; una pellicola definita molto sensibile richiederà meno luce per impressionarsi rispetto ad una pellicola definita poco sensibile.
ISO = International Standard Organization. Valore che esprime la sensibilità della pellicola alla luce. E' definito da una coppia di numeri (esempio: 50/18°), cioè da ASA (50, American Standard Association) e DIN (18°, Deutsche Industrie Norm).
Latitudine di posa
Definisce il grado di reazione della pellicola alla sovra- e alla sottoesposizione. Può essere anche definita come la capacità dell'emulsione di compensare, entro certi limiti, gli errori di esposizione causati dal fotografo in ripresa. Questo parametro varia molto a seconda del tipo di pellicola utilizzato: le pellicole negative hanno un margine di tolleranza molto ampio che consente di ottenere fotografie leggibili anche se la pellicola ha subito grossolani errori di esposizione (fino a 2 o 3 stop sia in sovra- che in sottoesposizione). Le diapositive, invece, sono molto meno flessibili e anche un errore di piccola entità (dell'ordine di + o - 1/2 stop, ossia mezzo valore di diaframma o di tempo di scatto), peggiora la foto in modo rilevante.