“… visualizzare un’immagine consiste nell’immaginarla, ancor prima dell’esposizione, come una proiezione continua, dalla composizione dell’immagine fino alla stampa finale. La visualizzazione deve essere considerata più esattamente come un atteggiamento verso la fotografia piuttosto che un dogma. Ciò significa che il fotografo ha la totale libertà di espressione, e non è in nessun modo limitato… [...]
Non si tratta solo di mettersi in relazione con il soggetto, ma anche di prendere coscienza delle potenzialità espressive della sua immagine ” Vedere” in anticipo le soluzioni alternative con cui si può restituire un soggetto lascia ampio spazio all’interpretazione soggettiva, permettendo di utilizzare in ogni fase i mezzi più adeguati necessari alla realizzazione dell’immagine che abbiamo visualizzato”
ANSEL ADAMS
Il sistema zonale è una tecnica ideata originariamente dal grande fotografo paesaggista Ansel Adams nei lontani anni '40, per cercare di riprodurre l'intera gamma di sfumature presenti in natura, o perlomeno la maggior parte.
Sebbene un metodo nato oltre 70 anni fa possa sembrare obsoleto nella fotografia digitale dei giorni nostri, in realtà continua ad essere un valido aiuto per ottenere immagini correttamente esposte.
Il motivo per il quale Adams aveva messo a punto questo metodo era molto semplice e tutt'ora assolutamente valido: ottenere, nella fotografia finale, la massima scala tonale possibile con quindi dettagli visibili sia nelle ombre che nelle luci, mica poco!
L’uso del sistema di Adams determina la differenza (spesso significativa) tra un’immagine scattata consapevolmente ed una casuale, dunque la giusta applicazione di questo sistema prevede che il fotografo sappia a priori come desidera visualizzare le aree della scena che andrà a riprendere, ma andiamo con ordine e prima vediamo come funziona.
L'assunzione di fondo sulla quale si basa il sistema zonale è che il soggetto principale della nostra fotografia dovrà essere reso come il grigio medio con riflettanza al 18%, che costituisce la zona centrale nella scala di suddivisione (che vedremo) del sistema che prevede di suddividere l'intera inquadratura in 10 zone di luce (negli anni '40 si scattava in BN!), ma vedremo subito come queste zone possono trovare immediata corrispondenza in un istogramma digitale di un'immagine a colori RBG.
Ricordiamo che un colore viene identificato da tre numeri che hanno un valore compreso tra 0 e 255; secondo il sistema RGB ogni colore può essere rappresentato dalla somma dei cosiddetti colori fondamentali che sono il rosso (Red), il verde (Green) ed il blu (Blue), quindi con questo sistema si possono rappresentare circa 16.000.000 (256x256x256) di colori diversi.
Vediamo il criterio di suddivisione delle 10 zone di Adams:
- Zona 0 (0): Corrisponde al nero totale. Nessuna trama distinguibile. Corrisponde al al valore 0,0,0 degli istogrammi digitali.
- Zona 1 (I): Piccolo cambio di tonalità rispetto alla zona precedente ma ancora nessuna trama distinguibile. Corrisponde al al valore 26,26,26 degli istogrammi digitali.
- Zona 2 (II): Levi tracce di trama. Corrisponde al valore 51,51,51 degli istogrammi digitali.
- Zona 3 (III): Zona corrispondente a materiali scuri o poco riflettenti. I soggetti cominciano a presentare buone forme di dettaglio. Corrisponde al valore 76,76,76 degli istogrammi digitali.
- Zona 4 (IV): Fogliame scuro, pietre scure, o zone in ombra. Corrisponde al valore 103,103,103 degli istogrammi digitali.
- Zona 5 (V): Grigio medio (cartoncino Kodak di riferimento – riflettanza al 18%), paragonabile a carnagioni scure o pietre grigie. Corrisponde al valore 128,128,128 degli istogrammi digitali; è considerato il valore medio per eccellenza, per questo ci sono dei cartoncini di riferimento.
- Zona 6 (VI): Valore medio della pelle delle popolazioni bianche europee, pietre chiare. Corrisponde al valore 152,152,152 degli istogrammi digitali.
- Zona 7 (VII): Carnagione molto chiara, neve liscia con illuminazione laterale. Corrisponde al valore 178,178,178 degli istogrammi digitali.
- Zona 8 (IIX): Bianchi con trama e sfumature delicate, neve con tracce superficiali, alte luci su pelle normale. (ultima zona utile al fine compositivo) Corrisponde al valore 205,205,205 degli istogrammi digitali.
- Zona 9 (IX): Bianco senza trama superficiale, ultima differenza con il bianco puro. Corrisponde al valore 230,230,230 degli istogrammi digitali.
- Zona 10 (X): Bianco puro, nessuna trama. Corrisponde al valore 255,255,255 degli istogrammi digitali.
È importantissimo ricordare che fra una zona e la sua adiacente vi è solo uno stop di differenza. Questo significa che tra una zona "V" e una zona "IV" vi è un diaframma di distanza che sarà più chiuso, se andiamo dalla "V" alla "VI" sarà più aperto; infatti la zona "VI" è più chiara della "V" in quanto è più vicina alla "X", il bianco puro.
Il metodo prevede quindi di impiegare l'esposimetro impostato a "spot" ed effettuare una misurazione della luce in corrispondenza della zona media (la famosa zona "V" del grigio di riferimento).
Il sistema zonale e la gamma dinamica
Per gamma dinamica intendiamo, con una definizione abbastanza brutale, la massima differenza di luminosità (anzi meglio parlare di livello di luce) che si riesce a catturare in un singolo scatto. Il concetto vale tanto per la pellicola che utilizzava Adams quanto per i moderni sensori CCD o CMOS delle macchine digitali. Per lavorare correttamente con il sistema a zone è necessario conoscere la gamma dinamica del sensore della nostra fotocamera, per capire quali sono i valori massimi in cui il dettaglio è ancora leggibile. Le ultime macchine reflex full frame montano sensori capaci di superare i 14 EV mentre le fotocamere compatte rimangono a 9-10 EV anche se sono valori destinati ad aumentare con il progresso dei sensori, siamo ancora ben lontani dalla risposta dell’occhio umano calcolata in una gamma dinamica di circa 24 EV.
Ci saranno delle condizioni nelle quali la gamma dinamica del sensore sarà adeguata per tutti i livelli di luce presenti nella scena, mentre in altri casi le zone più buie e le zone con alte luci avranno valori talmente diversi che sarà impossibile catturare tutta questa differenza.
E' sempre bene ricordarsi che la gamma dinamica di un sensore, generalmente, diminuisce all’aumentare della sensibilità ISO. Questa diminuzione non è però sempre lineare e ogni sensore risponde in maniera differente.
L'applicazione del sistema zonale
L'obbiettivo di questo metodo è semplice: tradurre correttamente un'inquadratura in una fotografia. Esponendo l'area della nostra immagine contenente il massimo dettaglio, regolando il tempo d'esposizione e l'apertura del diaframma in modo che quest'area risulti in zona V, ci assicura una fotografia verosimile che generalmente contiene il massimo numero di dettagli possibile.
Utilizzando l'esposimetro regolato in modalità "Matrix" quello che succede è che viene fatta una serie di misurazioni proprio per individuare una luminosità media in un'area piuttosto estesa da "far finire" in zona V; in base alla luce di quest'area si può ridurre ad un singolo valore di EV la luminosità dell'inquadratura; qui finisce in estrema sintesi il sistema zonale ed iniziano i ma ed i però.
Noi possiamo sempre avere l'obbiettivo di rendere la realtà in modo verosimile oppure decidere deliberatamente di creare un'immagine che si discosti dalla mera rappresentazione del mondo, quindi in buona sostanza qui l'esposimetro diventa solo un'indicazione che si ferma sul confine di una creazione che il fotografo compie nel generare la SUA immagine, scegliendo autonomamente la SUA visione; diventa più un fatto culturale e di ricerca dell'immagine come atto creativo piuttosto che come documento rappresentativo.