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Gli astronauti sulla ISS usano un "NightPod" per stabilizzare le loro foto in condizioni di scarsa illuminazione.

Il Nightpod


Dagli astronauti fotografi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale sono state inviate negli ultimi tempi alcune fotografie belle della Terra, ma vi siete mai chiesti come fanno catturare fotografie relativamente nitide delle città sulla Terra di notte?
La velocità con cui la ISS orbita intorno al nostro pianeta è davvero una grande sfida per la fotografia in condizioni di scarsa illuminazione, problema che gli astronauti in passato hanno cercato di superare utilizzando delle pellicole ad alta sensibilità o facendo una sorta di tracking manuale (che è decisamente poco affidabile). Per fortuna, i fotografi spaziali al giorno d'oggi hanno un nuovo asso nella manica: il NightPod.

Dopo aver scoperto che i treppiedi tradizionali semplicemente non sono adeguati per un utilizzo nello spazio, l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha sviluppato per gli astronauti un nuovo particolare sistema di stabilizzazione, battezzato come NightPod. Il dispositivo aumenta notevolmente la nitidezza e la chiarezza delle fotografie catturate nelle zone notturne della Terra.

Quindi come funziona? Fondamentalmente utilizza una sorta di "meccanismo ad inseguimento", che è un sistema elettro-meccanico sul quale viene montata la fotocamera digitale che è in grado di compensare automaticamente il movimento della stazione spaziale mentre orbita attorno nostro pianeta. Si tratta di una straordinaria impresa, dato il fatto che la ISS viaggia a più di 17.000 miglia all'ora!

Utilizzare il NightPod richiede un po' di messa a punto. Prima di utilizzarlo per la fotografia, gli astronauti devono inserire i dettagli sull'orbita della stazione spaziale e la sua altitudine. Dopo di che, è fondamentalmente uno strumento da "impostare e dimenticare" - l'apparecchio può scattare fotografie autonomamente per 6 ore alla volta.
Ecco una foto di esempio scattata con il NightPod: è una foto di Liegi, in Belgio acquisita utilizzando una Nikon D3S e obiettivo da 180 millimetri:

Il primo NightPod ha debuttato sulla stazione spaziale nel Febbraio 2012, da allora molte delle foto notturne scattate dalla ISS sono state realizzate con l'aiuto del NightPod.
Non si sa ancora quando (o se) il NightPod sarà a disposizione dei "fotografi terrestri" per l'uso in altri tipi di fotografia.

A Gennaio del 2013 Nikon ha annunciato l'ottantesimo anniversario del suo marchio di lenti Nikkor e che il numero totale di lenti fabbricate in questi anni è di oltre 75 milioni di unità! La gamma di offerta include oggi più di 80 modelli di lenti.
Per celebrare l'occasione, Nikon ha rilasciato il video qui sotto, che offre un dietro le quinte sul modo in cui le sue lenti tanto diffuse sono fatte. Il video inizia dalla produzione del vetro con la sabbia e passa attraverso l'intero processo produttivo fino all'assemblaggio finale, il tutto in tre minuti e mezzo.

 

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Il marchio per le lenti Nikon, NIKKOR è diventato nel tempo sinonimo di lenti per reflex di alte prestazioni e alta qualità reflex. Il nome NIKKOR deriva dall'aggiunta della "R", una pratica comune nella denominazione di obiettivi fotografici all'epoca della fondazione alla parola "Nikko", l'abbreviazione "occidentalizzata" per Nippon Kogaku K.K. Nel lontano 1933 l'obiettivo destinato al grande formato per la fotografia aerea è stato rilasciato con il nome di Aero-Nikkor.

Fasi del processo di fabbricazione delle lenti

 

Il più famoso obiettivo super luminoso è probabilmente il mitico Zeiss Planar 50mm f0,7. Originariamente sviluppato per la NASA e successivamente utilizzato dal celeberrimo regista Stanley Kubrick per le riprese a lume di candela le scene per il film "Barry Lyndon". Ci fu anche un adattatore fatto per trasformarlo in un grandangolo di 36,5 millimetri di lunghezza focale, per coloro che necessitano di una scena con prospettiva più ampia.

Un fotogramma tratto dal film Barry Lyndon

Pochi però sanno che questo famoso obbiettivo deriva in realtà dagli originari progetti di obiettivi super luminosi UR (Ultrarotstrahlung = infrared) realizzati al tempo di guerra e che costituivano l'obiettivo primario di sistemi per la visione notturna ad infrarossi (wandler) applicati a vari sistemi d'arma nazisti; L'ottica fu calcolata da Erhard Glatzel, partendo da un Gauss da 50mm f/1,0 (per 30° sul formato cinematografico) calcolato manualmente, ed avvalendosi anche di calcoli automatici fatti con l'IBM 7090 degli anni '50, un mostro dall'esorbitante costo di 2.9 milioni di dollari (di allora n.d.r.).

L'obbiettivo

La storia della ragazza i cui occhi hanno conquistato il mondo

Nell'ormai lontano 1984, il fotografo Steve McCurry ha scattato un ritratto dal titolo "Ragazza afgana" che sarebbe diventata l'immagine che avrebbe definito la sua intera carriera ed anche una delle copertine più famose che il National Geographic abbia mai pubblicato.

 

La ragazza afghana

Image credits: Photographs by Steve McCurry/National Geographic

18 anni dopo nel 2002, McCurry è stato in grado di ritrovare il soggetto del suo ritratto diventato celebre, Sharbat Gula, e di conoscere la sua storia. Il National Geographic ha pubblicato un pezzo affascinante che racconta la storia della foto, della ricerca, ed del soggetto:

"L'incontro tra la donna con gli occhi verdi ed il fotografo era tranquillo. A proposito di donne sposate, la tradizione culturale è molto rigorosa. Non è concesso guardare, e di certo non deve neanche sorridere, ad un uomo che non sia suo marito. Lei non sorrise a McCurry. La sua espressione, ha detto, era piatta". Non riesce a capire come la sua immagine abbia toccato tanti. Lei non ha idea della potenza di quegli occhi.

Gula ritrovata che posa con la sua prima fotografia

Image credits: Photographs by Steve McCurry/National Geographic


Alcune curiosità: McCurry scattato la foto in Kodachrome con una Nikon FM2 con obbiettivo Nikkor 105mm f/2.5. L'identità di Gula è stata confermata confrontando la sua iride particolarissima con la celeberrima fotografia La ragazza afghana. Anche se non aveva mai visto il suo celebre ritratto, Gula si ricorda distintamente che si era seduta per la foto; è stata una delle poche volte nella sua vita che qualcuno le aveva scattato una fotografia.

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